Ti piace vincere facile si potrebbe dire. Proporre prezzi vantaggiosi attraverso i marketplace non è un problema se ci si ‘dimentica’ di versare all’erario italiano l’Iva. Secondo una inchiesta della Guardia di Finanza di Pescara almeno 850 operatori esteri avrebbero venduto a privati italiani beni per 1,3 miliardi attraverso Amazon (su un totale di vendite intermediate di 3 miliardi) evadendo l’Iva.
Il business illecito ha visto coinvolte imprese di vari Paesi non solo Ue (Francia, Germania, Spagna, Portogallo, Polonia, Austria, Svezia, Estonia, Lituania) ma anche in Usa, Regno Unito, Canada e soprattutto Cina.
Il Sole 24 Ore del 6 agosto, ripercorrendo l’inchiesta, spiega che fino al 2021 gli operatori esteri che vendevano in Italia attraverso i siti e-commerce erano esentati dal versare l’Iva se le loro vendite non superavano nell’anno i 35 mila euro (soglia poi abbassata a 10 mila euro). Al tempo però non c’erano gli strumenti per verificare l’effettiva entità delle vendite. Insomma il versamento dell’Iva al fisco italiano era affidato ‘al buon cuore’ degli operatori stessi.
Solo dal 2021 le cose sono cambiate e i marketplace digitali sono diventati per legge dei co-obbligati dell’Iva, parti integranti delle transazioni concluse e non più semplici spettatori ‘neutrali’ delle operazioni intermediate. Insomma Amazon (per fare un nome) è considerata come il soggetto passivo che acquista e cede i beni nei confronti di una persona che non è un soggetto passivo Iva.
Tutto bene quindi ma per anni, come emerge dall’inchiesta, i commercianti italiani fisici e elettronici si sono trovati la concorrenza sleale di operatori che potevano vendere ‘in nero’ ma con la massima visibilità.
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