L’Inghilterra non è nuova a questi annunci. Da un rapporto realizzato dal parlamento britannico emerge chiaro che i rivenditori Internet come Amazon, ma anche gli stessi siti inglesi Asos (specializzato in cosmetica) e Boohoo Group (fashion) dovrebbero pagare tasse più alte nel Regno Unito per aiutare a salvare i negozi fisici, ‘schiacciati’ da costi elevati, soprattutto (appunto) a causa delle tasse. Il risultato è che le grandi catene chiudono punti vendita con una conseguente impennata della disoccupazione. Cosa fare? Secondo il rapporto presentato la scorsa settimana e ripreso dall’agenzia Bloomberg, una tassa sulle vendite online, una maggiore imposta sul valore aggiunto e “tasse verdi” sulle spedizioni e sugli imballaggi dovrebbero essere considerate un aiuto per alleggerire la pressione fiscale sui negozi fisici. C’è da sottolineare che le vendite online oggi giocano un ruolo fondamentale per il commercio UK, mercato in cui i clienti finali spendono ormai di più via Web rispetto a quelli di qualsiasi altro paese europeo e che equivalgono a un quinto delle vendite del mese di dicembre, sempre secondo il rapporto. Amazon non si è comunque tirata indietro e ha dichiarato a Bloomberg di pagare le tasse nel Regno Unito e in tutti i paesi in cui opera, oltre che di avere investito più di 9,3 miliardi di sterline (10,5 miliardi di euro) in UK dal 2010 a oggi: “Le imposte sulle società”, commenta appunto il pure player in una nota, “si basano sui profitti, non sulle entrate, e i nostri utili sono rimasti bassi dato che la vendita al dettaglio è un’attività altamente competitiva a basso margine e il nostro continuo investimento è molto elevato”. Asos e Boohoo non hanno invece commentato il rapporto.
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