Mentre attendiamo di conoscere il risultato dell’appuntamento di oggi in commissione Attività produttive alla Camera (anche se il condizionale è d’obbligo visto che ieri è stato paventato uno slittamento a martedì della prossima settimana, ndr) dove è prevista la discussione del ‘retromarcia’ proposto dal Governo Lega-MS5 sulla liberalizzazione degli orari del commercio, Andrea Scozzoli, presidente di Aires-Confcommercio, ha scelto e-duesse per chiarire, forte e chiaro, la posizione dell’Associazione in merito al provvedimento. Ebbene, come già più volte ribadito da Federdistribuzione e Confimprese, anche Aires sostiene la necessità “di bocciare la proposta su ogni fronte. Già alla fine di settembre, come Associazione, per primi abbiamo aperto le audizioni con la presidente della Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo, Barbara Saltamartini (Lega, ndr) per ribadire nella sostanza quello che ‘tutti’ stanno affermando: abbiamo cioè quantificato le ricadute negative occupazionali oltre che evidenziato i danni per il settore che un simile provvedimento, totalmente anacronistico, avrebbe portato”. In questi mesi Aires, sostiene il presidente Scozzoli, ha preferito scegliere la strada del dialogo e non quella delle dichiarazioni pubbliche/ufficiali “perché auspicavamo che – in considerazione di tutte le audizioni avvenute e con esiti negativi espressi in merito alla possibilità di imporre la chiusura dei negozi nei giorni festivi – un simile provvedimento potesse rientrare o in qualche maniera sedimentare e passare in secondo piano. Visto che in realtà tutto è continuato ad andare avanti e manifesta la volontà di arrivare a una decisione che ci trova totalmente in disaccordo, usciamo allo scoperto per ufficializzare la nostra posizione che è totalmente contraria al provvedimento”.Tra l’altro, Scozzoli tiene a precisare che le ultime novità ufficializzate rispetto al Ddl sulle chiusure domenicali “risultano peggiorative rispetto alla proposta iniziale. Almeno era tutto chiuso o tutto aperto, una decisione un po’ più netta. Le eccezioni che riguardano le merceologie tengono in considerazione i mobili, ma anche vendite di audiocassette e dischi: questa è preistoria!”, tuona il presidente dell’Associazione che aggiunge: “Inutile fare finta che la questione riguardi il colpire la grande distribuzione a favore del piccolo commercio, l’obiettivo è solo uno e interessa i dipendenti che non vogliono lavorare la domenica e stare in famiglia”. Sebbene il concetto, di per sé, rappresenti una richiesta legittima, Scozzoli non manca di evidenziare che “esiste già una regolamentazione chiara e precisa, che altro non sono che i Contratti Collettivi del Lavoro firmati dalle parti sindacali, dalle Associazioni di categoria e dai rappresentanti delle industrie del commercio, che prevedono già questo tipo di situazione: mi riferisco al turno di riposo infra-settimale (e non necessariamente di domenica) e al numero massimo di domeniche che i lavoratori possono fare (addirittura) su base volontaria. Quindi, chiedo, si vuole davvero andare a smentire questo tipo di situazione che è stata concordata dalle aziende, dai sindacati e dalle Associazioni di categoria?”.Dalle parole ai fatti, perché Aires dichiara di volere scendere in campo. Afferma ancora Andrea Scozzoli: “Dopo l’incontro avvenuto ieri in Confimprese, abbiamo deciso di iniziare a coordinare azioni che in passato sono state portate avanti in maniera individuale dalle varie Associazioni. Mi riferisco anche alla proposta di creare un piano di comunicazione, che sia anche di formazione e sensibilizzazione sul tema attorno a cui creare anche un movimento di opinione, per fare capire in maniera ancora più marcata le conseguenza di un dietro frontsul tema delle liberalizzazioni. Pensiamo non sia più sufficiente la ‘rappresentanza’, ma c’è bisogno di un movimento più allargato, più complessivo”.Secondo Aires, le domeniche/festive aperti rappresentano il 16% del fatturato. “Quel fatturato non si recupera, anche stando tutti chiusi, negli altri giorni. Forse una parte, ammettiamo anche la metà, ma il restante 8% va perso (o regalato ad altri canali) e un simile valore, nella gran parte dei casi, vuol dire la vita la morte di un retailer” conclude così il presidente di Aires Andrea Scozzoli. © RIPRODUZIONE RISERVATA In caso di citazione si prega di citare e linkare uptradebiz.it