Sano profitto: l’abbiamo detto così tante volte che rischiamo la noia, ma…

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Anche ultimamente con molti di voi ci siamo detti quanto l’offerta, sia sul fronte dei produttori sia dei distributori, sia ancora di molto superiore alla domanda e come continui a essere un problema del – e per – il mercato technical.

Il disequilibrio causato dal surplus si tenta di farlo assorbire, di fatto, al mercato stesso aumentando la domanda attraverso la riduzione del prezzo. Un circolo vizioso dal quale si fatica a uscire. C’è chi, senza mezze misure, sottolinea che il problema parta ancora dall’industria che dichiara budget e volumi poco realistici rispetto all’assorbimento reale del mercato (il che comporta che poi li debbano spingere a qualsiasi costo perché, ovviamente, ne devono rispondere…) e dall’altra la distribuzione che non si sottrae, e fa altrettanto. Questo disequilibrio, questo push aggressivo sul sell-out, porta a un’inevitabile erosione di prezzi e margini, a un aumento esponenziale della pressione promozionale, a una concorrenza non sana tra marchi, il tutto a discapito di una scarsa redditività degli store.

Quindi, quando sentiamo dire dai più lungimiranti che nel mercato continuano a esserci ancora “troppi rivenditori, troppi negozi, troppi vendor, troppi marchi, troppe referenze…” non ci stupiamo.

Dall’altra parte, non ci stupiamo neanche però quando vediamo che le insegne continuano ad aprire punti vendita in territori già ben presidiati oppure sentiamo di lanci (o rilanci) di brand in mercati dove anche i marchi più strutturati fanno fatica…

È tutto legittimo e tutto comprensibile. Quando un settore è in calo bisogna presidiarlo di più e con più forza e tutti i player hanno il dovere di provare a contenere le perdite investendo in nuove aperture, nuovi prodotti, nuove categorie, ma contestualmente devono cambiare anche le strategie perché se non c’è un chiaro posizionamento, un giusto investimento in marketing e comunicazione, sarà difficile raggiungere dei risultati soddisfacenti.

Gli ultimi dati di GfK parlano chiaro: i primi sei mesi dell’anno hanno visto un calo rispetto al 2023 del 4,7% a valore, soprattutto nei punti vendita tradizionali (-5,3%) e il mercato non può puntare tutto solo sul Black Friday, il Cyber Monday (che quest’anno cade a dicembre) o col Natale (che sarà naturalmente indebolito) sennò il rischio è quello di continuare a competere mostrando i muscoli fra chi è più forte a fare promo e sconti, perdendo di vista il vero obiettivo: il sano profitto.

Vito Sinopoli

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