Di rado l’annuncio dell’uscita di uno smartphone crea costernazione in tutta Washington: Casa Bianca, Segreteria di Stato, e Dipartimento del Commercio. Mate60Pro il nuovo flagship di Huawei ha ottenuto questo risultato: segna infatti il ritorno del colosso inese nella fascia alta del mercato: quello dei telefoni in grado di lavorare con lo standard 5G.
Ma Huawei non era stata messa in ginocchio dal ban deciso dalla Amministrazione Trump e confermato da quella Biden? Gli Stati Uniti non avevano proibito a Huawei di utilizzare su licenza le tecnologie coperte da brevetti statunitensi e non avevano diffidato le imprese americane dal cedere tecnologie o componenti al colosso cinese?
In un mondo globale è difficile impedire la circolazione delle tecnologie
Il comeback di Huawei mostra palesemente che nemmeno gli USA hanno la forza di ‘bannare’ davvero un impresa soprattutto se questa investe miliardi in ricerca e sviluppo.
Huawei, e precisamente la sua controllata Hisilicon, ha progettato un microprocessore a 7 nanometri per smartphone che integra un modem 5G e ne ha affidato la produzione a una società cinese, la Semiconductor Manufacturing International Corporation (SMIC). In pratica Huawei ha disegnato e prodotto su larga scala un microprocessore molto più avanzata della media dei chip oggi sul mercato consumer. Se oggi si producono (su disegno e con tecnologie USA) microchip con ‘fili’ sottilissimi a 4 e 5 milionesimi di millimetri, nel mercato consumer 7 nm è un livello alto. Ben lo sa il governo cinese che ha sostenuto gli sforzi di Huawei e la stampa cinese ha dato grande risalto al breakthrouhgh. Con perfidia orientale la presentazione alla stampa del Mate60Pro ha coinciso con la visita a Pechino del Segretario al Commercio Gina Raimondo.
Il ‘ban’ americano era pieno di ‘buchi’
Uno studio riportato sul sito dell’americano Center for strategic and international studies cerca di spiegare come sia stato possibile per Huawei resistere al ‘ban’ organizzato dalla Amministrazione Trump prima e Biden poi,. L’analisi mette l’accento sulle insufficienze delle norme messe in campo da Washington.
In una prima fase la Casa Bianca era preoccupata più dallo spazio che Huawei (e ZTE) avevano nelle infrastrutture di rete 5G, la vendita di smartphone cinesi non era una preoccupazione anche se all’uscita del ban Huawei e Apple erano le uniche due aziende capaci di disegnare e mettere sul mercato smartphone con chip da 7 nanometri. Ambedue affidavano la produzione alla Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC).
La prima versione del ‘ban’ si limitava a proibire l’esportazione dagli Usa verso Huawei di microprocessori, ma non proibiva la vendita a Huawei, anche da parte di aziende USA, di chip fabbricati fuori dai confini americani e di fatto solo una parte della produzione di chip al tempo avveniva negli USA. Intel, Qualcomm e Xilinx continuavano a vendere a Huawei microprocessori prodotti all’estero e quindi non soggetti ai controlli all’esportazione. Nel frattempo Huawei disegnava microprocessori (usando software USA) e ne affidava la produzione direttamente a fonderie estere sudcoreane giapponesi o di Taiwan.
Oltre ad essere inefficace la misura prevista dalla Amministrazione Trump ha avuto l’effetto di rafforzare l’impegno cinese verso una de-americanizzazione delle catene di fornitura nell’intero campo delle tecnologie informatiche e di comunicazione.
Progressivo rafforzamento dei divieti americani
Solo in agosto 2020 la legislazione americana, con la Foreign Direct Product Rule (FDPR), si e estesa in modo da impedire a aziende di tutto il mondo di fornire Huawei o SMIC utilizzando tecnologie americane.
Questo sì che ha colpito Huawei: le vendite di Huawei sono scese del 28,5% dal 2020 al 2021 soprattutto negli smartphone impedendone di fatto l’accesso al 5G. Il colosso cinese aveva approfittato dei ‘buchi’ della precedente legislazione per ammassare un enorme quantità di microprocessori che ha però preferito utilizzare per prodotti a maggior valore aggiunto come le infrastrutture di rete o gli smartphone di fascia alta.
Lo scorso anno in ottobre il Dipartimento del Commercio ha rivisto ancora una volta il ‘ban’ chiudendo tutti i suoi loophole. Finalmente è stato proibito a ogni azienda del mondo di utilizzare qualsiasi tecnologia americana al fine di disegnare, produrre o anche solo fare consulenze a Huawei.
Il crollo delle vendite di smartphone
Ceduto tutto il business consumer di fascia media e medio bassa a Honor, Huawei è passata da 240 milioni di smartphone prodotti nel 2019 a 30 milioni di previsione per il 2023. Nonostante questo ha continuato a investire disegnando microprocessori a 7 nm e affidandone la produzione alla controllata cinese SMIC. Grazie alla sua expertise nella radiofrequenza, Huawei è riuscita a disegnare un chip che monta al suo interno il ‘modem’ 5G, un obiettivo che Apple si prefigge di raggiungere fra tre anni.
Il comeback di Huawei nella fascia alta del mercato consumer
I risultati si vedono già adesso Huawei ha rivisto al rialzo le sue previsioni e ora punta a un obiettivo di 40 e non piu di 30 milioni di smartphone consegnati nell’anno in corso 20 milioni dei quali useranno i nuovi chip a 7 nm. Gli analisti prevedono 60 milioni di smartphone nel 2024 quasi tutti con i chip da 7nm disegnati di Hisilicon e prodotti da SMIC.
Come è possibile? Ci sono dei misteri: i chip di memoria montati su Mate60Pro sono della sudcoreana Hynix che però ha affermato di aver bloccato le vendite dopo l’edizione rivista del ban americano nello scorso ottobre e non riesce a capire come siano arrivati sul Mate60Pro.
È vero d’altra parte che tra novembre 2020 e agosto 2021 il Dipartimento del commercio, applicando alla lettera la legge, aveva approvato 113 licenze di esportazioni per 61 miliardi a Huawei e 188 licenze per 42 miliardi a SMIC. Dopo la nuova versione del ‘ban’ il Dipartimento ha negato tutte le richieste di esportazione.
Simile il discorso per le autorità dei Paesi Bassi che avevano impedito alla olandese ADML di vendere a SMIC sistemi per la litografia di microprocessori a 7nm con la tecnologia Extreme ultraviolet (EUV) ma non di cedere separatamente i singoli componenti di una linea.
Insomma Mate60Pro è figlio sia della ingegnosità dei tecnici del gruppo Huawei, sia della imprecisione delle normative americane. Ma il futuro? Nell’ottobre 2022 il ban si è esteso alla vendita di macchinari e software per il disegno e la produzione di chip con tecnologie americane. Le licenze di uso dei software non possono essere rinnovate, il supporto relativo non può più essere fornito, pezzi di ricambio e consulenza non possono essere venduti da azienda americane e da qualunque azienda nel mondo che abbia Huawei, Hisilicom o Smic fra i suoi clienti.
Gli esperti affermano che è assolutamente impossibile fare quello che Huawei ha fatto senza utilizzare tecnologie americane. Può essere arrivata a questo livello senza infrangere nessuna norma ma potrà andare avanti? Sulla carta la risposta dovrebbe essere ‘no’ ma Huawei ha stupito il mondo più volte.
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