Questo contenuto è estratto dall’intervista apparsa sul numero di aprile di Uptrade. Per leggerla in versione integrale scarica la versione pdf di Uptrade 4, è disponibile gratuitamente su Apple Store, o Google Play. Altrimenti scaricala da qui.
Grazie alle pressioni delle Associazioni di categoria dei retailer pare disinnescata la ‘bomba’ della cosiddetta Direttiva 30 giorni. Come spiega Davide Rossi Direttore generale di Aires e di EuCer Council intervistato da Uptrade.
Di cosa si tratta? La Commissione Europea aveva proposto al Parlamento Europeo una legge che rendeva obbligatorio saldare tutte le fatture entro 30 giorni dalla emissione, con l’obiettivo probabilmente di aiutare le piccole medie imprese e i lavoratori autonomi riducendo il loro fabbisogno di liquidità.
Effetti controproducenti e paradossali nel retail dei beni intermedi
“Nel retail dei beni intermedi e in particolare dell’elettronica, però, questa norma avrebbe avuto effetti assolutamente opposti alle intenzioni della Commissione, colpendo PMI e consumatori europei e favorendo invece le grandi imprese, soprattutto extraeuropee”, spiega Davide Rossi. Nel settore Eldom la rotazione non è veloce: solo in pochissimi casi passano meno di 30 giorni tra l’acquisto e la vendita di un prodotto. “Il dettagliante dovrebbe quindi ricorrere al credito per finanziare il circolante e il magazzino, col rischio di non trovarlo e la sicurezza di dover pagare interessi importanti, che finirebbero per ricadere sul prezzo finale o pesare su margini già fisiologicamente ridottissimi”, nota Rossi. I retailer finirebbero anche per dover ridurre la profondità e l’ampiezza degli assortimenti e le scorte di magazzino, riducendo il livello di servizio al consumatore.
“I produttori, che spesso nel nostro settore sono grandi aziende multinazionali con case madri in altri continenti, sarebbero stati gli unici ad averne vantaggi: sarebbero stati pagati prima, generando enormi disponibilità finanziarie e divenendo ancora più aggressivi nelle loro attività di vendita DtC”, sottolinea il Direttore di Aires ed EuCer Council. Non sorprende che EuCer Council abbia intravisto subito il pericolo intervenendo a tutti i livelli: nella fase di definizione della norma, in Parlamento Europeo e soprattutto nella trattativa ancora in corso a livello di ‘trilogo’.
EuCer Council ha cercato di spiegare alla Commissione prima e al Parlamento poi quali sarebbero state le ricadute della Direttiva nello specifico del settore, e altrettanto hanno fatto molte altre associazioni europee, prima fra tutte Eurocommerce, che raccoglie i dettaglianti europei. I primi risultati sono stati ottenuti in Parlamento Europeo, che ha emanato una versione un po’ annacquata della ideologica proposta della Commissione. Ancora maggiore l’effetto del ‘gioco di squadra’ che in sede di Consiglio Europeo ha visto le varie Associazioni operare ‘a tenaglia’ sia sui Ministri dei vari Paesi membri sia sulla presidenza del Consiglio Europeo.
Quasi risolta la questione, non c’è riposo per EuCer Council: “se il Regolamento Digital product passport non sembra porre sfide al retail, abbiamo ancora aperto il dossier del Regolamento Ecodesign. La produzione europea di norme più o meno benintenzionate che ricadono sugli operatori economici è continua, anche se ormai pare che l’accento si sia spostato dalla sostenibilità alla competitività del sistema Europa, per fortuna”, conclude Davide Rossi.
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