Occorre progettare le esperienze, non i punti vendita

Intervista a Chiara Baldi, docente al Master Universitario in Retail Design e Store Planning, al Master in Interior Design di Poli.Design
Chiara Baldi

Come progettare uno spazio in grado di offrire una customer experience capace di rendere rilevante l’insegna agli occhi del consumatore andando a valorizzarne le specificità e le caratteristiche distintive? Uptrade ne ha parlato con Chiara Baldi, Professore in Architettura degli Interni alla Scuola del Design del Politecnico di Milano, docente al Master Universitario in Retail Design e Store Planning, al Master in Interior Design di Poli.Design e Scuola Politecnica di Design e in numerosi Corsi di alta specializzazione.

Lei ha affermato che ”oggi sarebbe più opportuno parlare di progettare customer Experience e non più spazi vendita”. Quali sono i fattori che hanno portato a questo salto di paradigma?

I nuovi scenari del retail sono sempre più caratterizzati da un approccio multicanale che si caratterizza per una forte centralità dell’utente, che è sempre più libero di definire e personalizzare la propria esperienza di consumo, passando in modo fluido dal reale al virtuale. Attraverso esperienze di tipo multicanale il consumatore può modificare e modulare le sue interazioni con il prodotto e con il brand, passando da esperienze che prevedono una brevissima permanenza in store fino a quelle più articolate e complesse. Lo spazio va quindi immaginato e plasmato prima di tutto come il teatro di queste diverse azioni, come un luogo di relazione dove creare connessioni profonde con il consumatore, che vanno oltre il mero atto d’acquisto. È per questo motivo che il punto di partenza del pensiero progettuale, immaginando nuovi concept per il retail, non può più essere la definizione degli aspetti formali ed estetici dello spazio. Che lo spazio fisico debba raccontare e rappresentare, anche attraverso la sua estetica, l’identità dell’insegna è ovviamente dato per assodato, ma deve essere chiaro che ormai questo non è più sufficiente. Oggi ogni brand deve prima di tutto immaginare nuove e singolari esperienze di consumo e declinazioni di esse, che lo spazio sarà destinato ad accogliere.

Come si arriva a definire quali sono le customer experience da offrire?

Sicuramente attraverso un’analisi della propria identità e delle peculiarità del proprio brand, definendo anche quali sono i servizi che siamo in grado di offrire e qual è quello che ci che ci contraddistingue rispetto alla concorrenza. È una valutazione complessa, che richiede oggi un approccio multidisciplinare che unisca molte competenze, in grado di mettere a fuoco valori, obiettivi e specificità.

Nell’era del Phygital, la tecnologia può essere di supporto al retailer nel costruire ed offrire esperienze e integrate da offrire on-line e nel punto vendita fisico? Quali sono le tecnologie su cui deve investire?

La tecnologia è sicuramente un alleato essenziale. Rispetto al quali sono le tecnologie su cui investire la risposta è che è molto difficile definire una ricetta che vada bene sempre e per tutti. Al riguardo un’indicazione che mi sento di dare è che la tecnologia in-store oggi deve essere sempre più pervasiva ed invisibile, essere di supporto in modo semplice e fluido, anche integrandosi con i dispositivi che il nostro pubblico ha già in dotazione, come ad esempio telefoni e smartwatch. Un tema di grande importanza è anche quello del feedback perché i suoi dati, se correttamente interpretati, rappresentano un enorme valore per il brand.

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